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Crediti
dall’omonimo romanzo di Georges Simenon
adattamento di Fabio Bussottiregia di Roberto Valerio
con Alvia Reale e Elia Schilton
e con Silvia Maino
scene di Francesco Ghisu
costumi di Francesca Novati
suono Alessandro Saviozzi
luci di Carlo Pediani
produzione Compagnia Umberto Orsini
Può essere l’odio a tenere unita una coppia? Sembrerebbe assurdo, ma Georges Simenon risponderebbe che è possibile. Il celeberrimo romanziere belga, uno fra i più letti del XX secolo – creatore del popolare personaggio del commissario Maigret, ma prolifico autore di molti scritti psicologici, noir, oltre che gialli – ha infatti incentrato su un simile caso uno dei suoi migliori romanzi, fulminante, cattivo, geniale: “Il gatto”.
PREZZO DEI BIGLIETTI
Posto unico Interi € 19 | Ridotti € 16 | 1★
Last minute € 15
Prenotazioni abbonati altri-percorsi 4/10 h. 10.00
Prenotazioni stelle 8/10 h. 10.00
Vendita biglietti 10/10 h. 10.00
Complice un adattamento davvero riuscito – firmato da Fabio Bussotti – e l’intuizione del regista Roberto Valerio, il testo è diventato un’ammirata pièce teatrale che dopo il debutto lo scorso anno al Napoli Teatro Festival è stata accolta con favore in tutta Italia. Il merito va sicuramente condiviso con gli interpreti – Alvia Reale nel ruolo di Marguerite, Elia Schilton in quello di Émile – molto centrati e perspicaci nell’indagare, come spiega il regista, in «un testo feroce che rovista tra le pieghe della mente e le incrinature del cuore dei protagonisti, descritti con uno sguardo crudo e spietato».
Da quattro anni la vita coniugale di Marguerite ed Émile è del tutto particolare: pur condividendo lo stesso tetto e il medesimo ménage, non si parlano. Se devono, si scambiano feroci bigliettini. La causa di questo comportamento è la morte dell’adorato gatto del marito, che lui ritiene sia stato avvelenato dalla donna. Per vendetta ha maltrattato il pappagallo di lei, anche lui finito ucciso. Da allora i due si osservano in cagnesco, muti e convivono nel terrore di finire avvelenati a propria volta, tanto che tengono le rispettive dispense sotto chiave.
Ma dietro a tutto ciò e al loro rancoroso silenzio si nasconde un più profondo malessere della coppia: entrambi sposati in seconde nozze, non sono stati capaci di proiettarsi nella nuova vita staccandosi dal legame precedente. Lei, piccolo borghese, rimpiange il primo compagno violinista; Émile, più rozzo, si appassiona soprattutto a sigari e vino e vagheggia la semplicità della prima moglie. Nessun vero confronto, nessuna condivisione: i due si consumano in un’unione paradossale.
«Tutto cade a pezzi – commenta Roberto Valerio – si frantuma e disintegra sotto il peso del disprezzo e della rabbia, ma i due non si separano, il desiderio di libertà e la paura della solitudine si mescolano e confondono in una perturbante prossimità. L’odio li tiene uniti. Fino all’ultimo respiro trovano la forza di torturarsi negandosi ostinatamente l’unica cosa che, forse, avrebbe potuto restituire una profondità autentica alla loro vita: l’amore».