LA PENA DI MORTE AL CENTRO DEL NUOVO SPETTACOLO DIRETTO E INTERPRETATO DA ALESSANDRO GASSMAN
- 5 Dicembre 2008
- Generale
Alla seconda stagione di successi, di
recite sempre affollate e di grandi emozioni assicurate agli
spettatori, arriva al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia lo
spettacolo La parola ai giurati,
scritto dallo statunitense Reginald Rose nel 1954 ma attualissimo e di
forte impatto emotivo tuttora, per il tema trattato: quello della pena
di morte.
A portarlo sulle scene italiane è Alessandro Gassman, attore fra i più interessanti e sensibili del mondo dello spettacolo italiano, che si impegna nel doppio ruolo di regista e di interprete, accanto a una compagnia tutta di alto livello composta di altri undici attori.
La parola ai giurati replica al Politeama Rossetti da martedì 9 a domenica 14 dicembre per il cartellone Prosa dello Stabile regionale e terrà gli spettatori con il fiato letteralmente sospeso per le oltre due ore della sua durata: l’autore infatti ci lascia “spiare” in una camera di consiglio, dove dodici giurati – una volta terminato il processo – si trovano a dover stilare il loro verdetto in merito a un giovane accusato di omicidio.
Nel gruppo, inizialmente molto compatto, il turbamento ingrossa quando ci si discosta dall’unanimità, quando il dubbio, ragionevole, incrina precedenti certezze. E si esprime in scatti repentini, qualcuno si alza quasi a cercare una via di fuga da quest’inumana responsabilità: un pensiero, una parola, un voto e sarà deciso. Colpevole o innocente, vita o morte…
Reginald Rose (1920 – 2002) ha frequentato con ottimi esiti sia il campo della drammaturgia che quello della sceneggiatura, ha immaginato tutto questo per La parola ai giurati (Twelve Angry Men) il suo capolavoro, nato come commedia per la televisione, divenuto tre anni più tardi il celebre film diretto da Sidney Lumet e interpretato da Henry Fonda, annoverato ormai fra i capolavori del cinema del Novecento e approdato infine – sempre con eccellenza – anche al palcoscenico.
«È l’unica mia commedia che abbia un rapporto diretto con una vera e propria esperienza personale» spiega Rose a proposito del testo. «Fui chiamato a far parte di una giuria per un caso di omicidio al tribunale di New York. Era la mia prima esperienza come giurato e lasciò in me un’impressione profonda. Non appena feci il mio ingresso nell’aula per essere investito delle mie funzioni, mi trovai di fronte ad un estraneo, il cui destino veniva all’improvviso a trovarsi nelle mie mani. Mi resi conto durante il processo che nessuno sa cosa possa capitare fra le pareti d’una camera di consiglio se non gli stessi giurati, e pensai allora che un dramma che si svolgesse per intero in un ambiente simile avrebbe potuto costituire per il pubblico un’esperienza appassionante».
I risultati che continua ad ottenere questo spettacolo, dà ragione allo scrittore, precursore del legal thriller.
«Ciò che mi ha ispirato fin dalla prima lettura – spiega Gassman – è stata la possibilità di portare alla luce i pregiudizi e le false certezze che caratterizzano il comportamento dei giurati e che affiorano nel momento in cui devono assolvere il compito più difficile per un uomo: quello di decidere della vita di un altro uomo. La vicenda è incentrata su due capisaldi del sistema giuridico anglosassone: la presunzione di innocenza e la dimostrabilità della sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. In un’epoca in cui il mondo è afflitto da ideologie contrastanti che si nutrono di assolutismo e che spesso scadono a pregiudizi, il “ragionevole dubbio” è una preziosa arma di difesa».
Il nucleo dello spettacolo è basato sul “ragionevole dubbio” che uno dei giurati instilla nei suoi colleghi. La vicenda si svolge nella New York del 1950, quando una giuria popolare composta da uomini di diversa estrazione sociale, età e origini si raccoglie in camera di consiglio per decidere del destino di un ragazzo ispano-americano accusato di parricidio.
Inizialmente tutti sembrano convinti della sua colpevolezza: ad eccezione di uno che con meticolosità e acutezza analizza dettagli del processo, deduce ipotesi plausibili, fino a rendere impossibile la condanna dell’imputato, attuabile soltanto in presenza della certezza del crimine commesso “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
La parola ai giurati di Reginald Rose, nella regia di Alessandro Gassman è prodotto da Società per Attori e si è imposto come uno degli eventi delle ultime stagioni, ottenendo il Golden Graal 2008, il Pegaso d’Oro per la miglior regia teatrale, il Biglietto d’Oro 2008 ed il Premio Nazionale della Critica Teatrale.
Il testo è stato tradotto da Giovanni Lombardo Radice, le musiche originali sono di Pivio & Aldo De Scalzi, la scena è di Gianluca Amodio ed i costumi di Helga H.Williams. Il light designer è Marco Calmieri mentre il sound designer è Hubert Westkemper.
Sul palcoscenico, oltre ad Alessandro Gassman, ammireremo Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Fabio Bussotti, Paolo Fosso, Nanni Candelari, Emanuele Salce, Massimo Lello, Emanuele Maria Basso, Giacomo Rosselli, Matteo Taranto, Giulio Federico Janni.
La parola ai giurati replica a Trieste, al Politeama Rossetti da martedì 9 a domenica 14 dicembre con gli orari consueti: serali alle ore 20.30 e pomeridiane di mercoledì e domenica alle ore 16.
L’ufficio stampa
A portarlo sulle scene italiane è Alessandro Gassman, attore fra i più interessanti e sensibili del mondo dello spettacolo italiano, che si impegna nel doppio ruolo di regista e di interprete, accanto a una compagnia tutta di alto livello composta di altri undici attori.
La parola ai giurati replica al Politeama Rossetti da martedì 9 a domenica 14 dicembre per il cartellone Prosa dello Stabile regionale e terrà gli spettatori con il fiato letteralmente sospeso per le oltre due ore della sua durata: l’autore infatti ci lascia “spiare” in una camera di consiglio, dove dodici giurati – una volta terminato il processo – si trovano a dover stilare il loro verdetto in merito a un giovane accusato di omicidio.
Nel gruppo, inizialmente molto compatto, il turbamento ingrossa quando ci si discosta dall’unanimità, quando il dubbio, ragionevole, incrina precedenti certezze. E si esprime in scatti repentini, qualcuno si alza quasi a cercare una via di fuga da quest’inumana responsabilità: un pensiero, una parola, un voto e sarà deciso. Colpevole o innocente, vita o morte…
Reginald Rose (1920 – 2002) ha frequentato con ottimi esiti sia il campo della drammaturgia che quello della sceneggiatura, ha immaginato tutto questo per La parola ai giurati (Twelve Angry Men) il suo capolavoro, nato come commedia per la televisione, divenuto tre anni più tardi il celebre film diretto da Sidney Lumet e interpretato da Henry Fonda, annoverato ormai fra i capolavori del cinema del Novecento e approdato infine – sempre con eccellenza – anche al palcoscenico.
«È l’unica mia commedia che abbia un rapporto diretto con una vera e propria esperienza personale» spiega Rose a proposito del testo. «Fui chiamato a far parte di una giuria per un caso di omicidio al tribunale di New York. Era la mia prima esperienza come giurato e lasciò in me un’impressione profonda. Non appena feci il mio ingresso nell’aula per essere investito delle mie funzioni, mi trovai di fronte ad un estraneo, il cui destino veniva all’improvviso a trovarsi nelle mie mani. Mi resi conto durante il processo che nessuno sa cosa possa capitare fra le pareti d’una camera di consiglio se non gli stessi giurati, e pensai allora che un dramma che si svolgesse per intero in un ambiente simile avrebbe potuto costituire per il pubblico un’esperienza appassionante».
I risultati che continua ad ottenere questo spettacolo, dà ragione allo scrittore, precursore del legal thriller.
«Ciò che mi ha ispirato fin dalla prima lettura – spiega Gassman – è stata la possibilità di portare alla luce i pregiudizi e le false certezze che caratterizzano il comportamento dei giurati e che affiorano nel momento in cui devono assolvere il compito più difficile per un uomo: quello di decidere della vita di un altro uomo. La vicenda è incentrata su due capisaldi del sistema giuridico anglosassone: la presunzione di innocenza e la dimostrabilità della sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. In un’epoca in cui il mondo è afflitto da ideologie contrastanti che si nutrono di assolutismo e che spesso scadono a pregiudizi, il “ragionevole dubbio” è una preziosa arma di difesa».
Il nucleo dello spettacolo è basato sul “ragionevole dubbio” che uno dei giurati instilla nei suoi colleghi. La vicenda si svolge nella New York del 1950, quando una giuria popolare composta da uomini di diversa estrazione sociale, età e origini si raccoglie in camera di consiglio per decidere del destino di un ragazzo ispano-americano accusato di parricidio.
Inizialmente tutti sembrano convinti della sua colpevolezza: ad eccezione di uno che con meticolosità e acutezza analizza dettagli del processo, deduce ipotesi plausibili, fino a rendere impossibile la condanna dell’imputato, attuabile soltanto in presenza della certezza del crimine commesso “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
La parola ai giurati di Reginald Rose, nella regia di Alessandro Gassman è prodotto da Società per Attori e si è imposto come uno degli eventi delle ultime stagioni, ottenendo il Golden Graal 2008, il Pegaso d’Oro per la miglior regia teatrale, il Biglietto d’Oro 2008 ed il Premio Nazionale della Critica Teatrale.
Il testo è stato tradotto da Giovanni Lombardo Radice, le musiche originali sono di Pivio & Aldo De Scalzi, la scena è di Gianluca Amodio ed i costumi di Helga H.Williams. Il light designer è Marco Calmieri mentre il sound designer è Hubert Westkemper.
Sul palcoscenico, oltre ad Alessandro Gassman, ammireremo Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Fabio Bussotti, Paolo Fosso, Nanni Candelari, Emanuele Salce, Massimo Lello, Emanuele Maria Basso, Giacomo Rosselli, Matteo Taranto, Giulio Federico Janni.
La parola ai giurati replica a Trieste, al Politeama Rossetti da martedì 9 a domenica 14 dicembre con gli orari consueti: serali alle ore 20.30 e pomeridiane di mercoledì e domenica alle ore 16.
L’ufficio stampa