DEBUTTA "IL MAESTRO E CICOGNO" DI RENZO CRIVELLI CON FULVIO FALZARANO: IN SCENA FINO AL 28 OTTOBRE
  • 10 Ottobre 2007
  • Generale
Debutto assoluto venerdì 12 ottobre per Il maestro e Cicogno, nuovo testo di Renzo S. Crivelli che andrà in scena alle ore 21 alla Sala Bartoli. Messo in scena da Manuel Giliberti e interpretato da Fulvio Falzarano, Ivan Zerbinati e Laura Bussani, lo spettacolo è una nuova produzione del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia e replica fino al 28 ottobre.

La drammaturgia contemporanea, la valorizzazione delle potenzialità artistiche del territorio, la riflessione sulla storia e sulla cultura in cui si radica la nostra identità… Il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia da sempre sviluppa attorno a tali cardini la propria attività di produzione, che nell’allestimento de Il maestro e Cicogno di Renzo Crivelli trova un momento molto significativo.
Dopo l’ottimo esito ottenuto da Nora Joyce: l’altro monologo dello stesso autore, si ritorna attraverso la figura di James Joyce ad alludere alle atmosfere della Trieste di primo Novecento: una Trieste la cui esuberanza culturale e l’umana ricchezza offrirono allo scrittore un prezioso humus d’ispirazioni creative, ma anche un “porto accogliente”, amata alternativa alla sua Irlanda…

Manuel Giliberti – che il pubblico dello Stabile ha già apprezzato per Aquila Sapiens Sapiens due anni orsono – ha creato uno spettacolo limpido e vibrante di emozioni, con cui ritorna a lavorare a Trieste dopo aver sostenuto prestigiosi impegni teatrali (ha curato diversi allestimenti importanti, recentemente anche al Teatro Greco di Siracusa, ma anche cinematografici (citiamo almeno film Giovanni Falcone-i giorni della speranza evento speciale al Festival del Cinema di Taormina e Lettere della Sicilia che – con un cast notevole cast notevole ove figurano i nomi di Piera Degli Esposti, Galatea Ranzi, Andrea Giordana – ha vinto il Festival di Miami 2007 come miglior film e miglior colonna sonora e il Globo d’oro 2007).

Renzo S. Crivelli – docente all’Università degli Studi di Trieste – è uno studioso di rara competenza in materia joyceiana,  e ne Il maestro e Cicogno prende ispirazione da un episodio minimale della vita di James Joyce: si riporta infatti, che durante la sua lunga permanenza a Trieste, nel 1906 avesse  abitato in Via Boccaccio e frequentato assiduamente la vicina Osteria del Belvedere, il cui proprietario era soprannominato Cicogno. Le cronache non raccontano altro di questo oste, ma la sua figura ha suscitato nell’autore profonde suggestioni, tanto che egli giunge ora sulla scena con uno spessore psicologico complesso ed una storia (anzi, molte storie) da narrare.
Fa da sfondo alla vicenda la Trieste asburgica di inizio Novecento, allora il principale porto dell’Impero, multiculturale  e multilinguistica, popolata da una marea di razze e di idiomi diversi: la vicenda di Cicogno è invece intima, tutta imperniata sui sentimenti. «Una storia di amore, di morte e di tradimenti, che sono poi gli ingredienti di tutte le storie popolari – commenta l’autore – ma in questo caso c’è molto di più. La vicenda di Cicogno, assai triste e di forte coinvolgimento emotivo, diventa qui il pretesto per aprire un discorso sul testo poetico, sulla sua costruzione e sulla sua comunicabilità. Non a caso, infatti, Cicogno, per un curioso destino, si confronta con un altro narratore di storie, ma di storie letterarie, con un genio in crescita come Joyce, che sta raccontando nel suo libro in formazione Gente di Dublino l’amaro destino di un gruppo di persone inesorabilmente  “escluse dal banchetto della vita”. Cicogno non è un letterato ma ha una profonda — e tragica — conoscenza della vita ordinaria, quella che al Belvedere, simile ad un palcoscenico teatrale, viene messa in scena ogni giorno; una conoscenza diretta, istintivamente assimilata con lo stesso stupore (e amore) con cui uno scrittore osserva la realtà che lo circonda. Da questa vita, fatta di sconfitte e di disgrazie alleviate solo per un istante dal vino, egli è addirittura «attraversato» — in quel suo insicuro incedere tra i tavolini dell’osteria — come fosse un inconsapevole scrittore che ha come missione quella di testimoniare il dolore e la felicità del mondo».
Joyce sembra voler restare spettatore di questo umano e quotidiano teatro: ma alla fine diverrà parte integrante delle vicende di Cicogno. Lo scrittore si prestava addirittura a comporre le lettere che l’oste inviava alla figlia Lina, fuggita per amore in Irlanda con un marinaio. L’autore immagina infatti che in una serata piovosa il locale sia deserto e solo lo scrittore sia cliente dell’oste: sarà per Cicogno una notte di ricordi, confessioni e tremende delusioni. Joyce infatti dovrà tradurre le ultime dolorose lettere ricevute dall’Irlanda, rivelandogli la fine terribile della figlia, rimasta inerme davanti all’amore.

Di grande intensità il lavoro del cast, capeggiato dal triestino Fulvio Falzarano (Cicogno), con Ivan Zerbinati (Joyce) e Laura Bussani (Lina). La suggestiva scena e i costumi sono di Manuel Giliberti, come la regia, le luci sono di Nino Napoletano e le musiche sono di Antonio Di Pofi.

Lo spettacolo replica ogni giorno tranne i lunedì alla Sala Bartoli dal 12 al 28 ottobre: nel pomeriggio di mercoledì 24 ottobre si terrà un incontro con la compagnia e l’autore a ingresso libero.

A ingresso libero anche il primo degli incontri che – nel decennale della morte di Giorgio Strehler – anticiperanno la grande mostra che gli sarà dedicata a Palazzo Gopcecich dai Civici Musei e che vedranno grandi attori impegnati allo Stabile regionale, leggere alcune delle lettere e dei documenti esposti nella mostra “Strehler privato”, e recuperare al tempo stesso episodi dalla memoria. Venerdì 12 ottobre alle ore 18 al CaféRossetti Franco Branciaroli aprirà la rassegna leggendo “Va in scena Galileo”.

Congratulazioni

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