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Crediti
Di: Mario Perrotta tratto da “Avanti sempre” di Nicola Maranesi e dal progetto “La Grande Guerra, i diari raccontano” a cura di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi per Gruppo editoriale L’Espresso e Archivio Diaristico Nazionale
Interpreti: Mario Perrotta
Produzione: Permàr, Archivio Diaristico Nazionale, dueL, La Piccionaia
Repliche: 2
«Ho scelto questo titolo, “Milite Ignoto” – scrive Mario Perrotta, autore e interprete dello spettacolo – perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi –anzi, già negli ultimi sviluppi dello stesso – il milite divenne, appunto, “ignoto”. E per “ignoto” ho voluto intendere “dimenticato”: dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce. Nella prima guerra mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa “ignoto”, perché non ci sono più campi di battaglia per i “corpo a corpo”, dove guardare negli occhi chi sta per colpirti a morte, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime, senza un volto da maledire prima dell’ultimo respiro». Con questo premiato spettacolo di Perrotta, il Teatro Stabile prosegue la riflessione che negli anni del centenario della prima guerra mondiale ha dedicato a quei fatti storici: ricordiamo le produzioni “Come cavalli che dormono in piedi” di Paolo Rumiz e “A Sarajevo il 28 giugno”...
PREZZO DEI BIGLIETTI
Platea A-B Interi € 25 | Ridotti € 22 | 2★
Platea C Interi € 19 | Ridotti € 16 | 1★
I galleria Interi € 12 | 1★
Prenotazioni stelle 20/2
Vendita biglietti 22/1
«Ho scelto questo titolo, “Milite Ignoto” – scrive Mario Perrotta, autore e interprete dello spettacolo – perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi –anzi, già negli ultimi sviluppi dello stesso – il milite divenne, appunto, “ignoto”. E per “ignoto” ho voluto intendere “dimenticato”: dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce. Nella prima guerra mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa “ignoto”, perché non ci sono più campi di battaglia per i “corpo a corpo”, dove guardare negli occhi chi sta per colpirti a morte, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime, senza un volto da maledire prima dell’ultimo respiro». Con questo premiato spettacolo di Perrotta, il Teatro Stabile prosegue la riflessione che negli anni del centenario della prima guerra mondiale ha dedicato a quei fatti storici: ricordiamo le produzioni “Come cavalli che dormono in piedi” di Paolo Rumiz e “A Sarajevo il 28 giugno”... Ognuno di questi titoli ha portato alla luce significativi tasselli di memoria e, assieme, stimolato a una riflessione universale sui conflitti, che continuano a lacerare il mondo.
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IL TRAILER DELLO SPETTACOLO
In “Milite ignoto” Perrotta identifica nella tragica convivenza fra soldati in trincea, fra sangue e fango, il primo vero momento di unità nazionale per l’Italia. Sembra paradossale ma è vero: veneti e sardi, piemontesi e siciliani, pugliesi e lombradi si “conoscevano” lì per la prima volta, e accomunati dalla paura vincevano lo spaesamento per quel conflitto tanto più grande di loro (coinvolgeva il Mondo). Perrotta sceglie di raccontare le loro piccole storie per far luce sulla Storia, e sceglie di essere coerente anche nell’uso del linguaggio che “inventa” fondendo assieme modi di dire e dialetti di tutt’Italia. Doveva essere infatti questo il “suono” delle trincee, quando i cannoni tacevano. E in quel “suono” riecheggia straziante una delle battute di “Milite ignoto” che è spesso lieve, ma richiama con forza l’insensatezza crudele di ogni guerra: «E chi scende da qui? – dice un soldato – Ci misi giorni di fatica e bestemmie a salire, tra cadaveri maleodoranti e rocce e grida di morte, ci misi l’orrore stampato negli occhi e il coraggio, tutto questo ci misi, tanto che adesso non scendo! Resto quassù. Che poi, se anche scendo, nessuno mi può riconoscere, che la faccia me la fece saltare un mortaio e la voce fu graffiata da schegge».