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Crediti
Di: Mauro Covacich
Regia: (e adattamento teatrale) Igor Pison
Interpreti: Filippo Borghi, Federica De Benedittis, Andrea Germani, Riccardo Maranzana
Scene: Petra Veber
Foto di scena: Simone Di lucaCostumi: Petra Veber
Sarta: Sara BessichDi: Borut Vidau
Luci: Davide Comuzzi
Produzione: Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Repliche: 17
«Il racconto è una forma espressiva molto più simile alla canzone che al romanzo: c’è un’idea principale, di solito una specie di folgorazione, che si trascina tutto il materiale a folle velocità verso l’epilogo, e lo fa lungo una linea retta, che rende difficili per non dire impossibili le digressioni. Pochi personaggi, una storia semplice, e sin dall’inizio una certa sensazione di ineluttabilità. A me ha sempre fatto pensare a un tuffo, una caduta a precipizio formalizzata in un gesto» scrive Mauro Covacich nell’introduzione alla riedizione – quasi 20 anni dopo la prima pubblicazione – del suo “Anomalie”.
Ritroveremo le sensazioni di questo “tuffo”, nei tre racconti scelti fra gli undici del libro e rielaborati dal regista Igor Pison per il palcoscenico.
PREZZO DEI BIGLIETTI
Posto unico Interi € 19 | Ridotti € 16 | 1★
Last minute € 15
Prenotazioni abbonati prosa 12/1
Prenotazioni stelle 16/1
Vendita biglietti 18/11
«Il racconto è una forma espressiva molto più simile alla canzone che al romanzo: c’è un’idea principale, di solito una specie di folgorazione, che si trascina tutto il materiale a folle velocità verso l’epilogo, e lo fa lungo una linea retta, che rende difficili per non dire impossibili le digressioni. Pochi personaggi, una storia semplice, e sin dall’inizio una certa sensazione di ineluttabilità. A me ha sempre fatto pensare a un tuffo, una caduta a precipizio formalizzata in un gesto» scrive Mauro Covacich nell’introduzione alla riedizione – quasi 20 anni dopo la prima pubblicazione – del suo “Anomalie”.
Ritroveremo le sensazioni di questo “tuffo”, nei tre racconti scelti fra gli undici del libro e rielaborati dal regista Igor Pison per il palcoscenico.
Lo stile di scrittura e i temi di Covacich, che giustamente gli valgono un deciso successo letterario – basti pensare che è in finale per il Premio Campiello 2017 con il suo ultimo lavoro, “La città interiore” – regalano infatti affascinanti ispirazioni anche sul piano teatrale: il pubblico dello Stabile regionale ne ha avuto prova, alcune stagioni fa, quando è stato prodotto “Fiona” sul caso Unabomber. Il linguaggio registico colto e fantasioso di Igor Pison (già applaudito in lavori di produzione recenti, quali “Rosso Venerdì” e il toccante “Trieste una città in guerra”) saprà di certo valorizzare al massimo tali induzioni e restituire sulla scena i tre diversi “sguardi” sulla guerra della ex Jugoslavia, tratteggiati da Mauro Covacich «proprio negli anni in cui mi stavo abituando a pensare alla guerra come a un’esperienza televisiva».
Purtroppo non lo era: è stata allora molto vera, tangibile, assurdamente vicina. Le bombe e le atrocità accadevano fra genti che – sottolinea lo scrittore triestino – erano “i figli e i nipoti dei miei antenati”, a pochi passi dal confine. I quattro protagonisti – che saranno interpretati dagli ottimi attori della Compagnia del Teatro Stabile – ne daranno testimonianza da diversi punti di vista, in tre segmenti che – come accade nella letteratura di Covacich – si ricomporranno alla fine in un quadro illuminante sull’insensatezza e bestialità di questo e di ogni altro conflitto.
Così si inizia seguendo un gruppo di ragazzi di Sarajevo, che sentono quasi più adrenalina nel marinare la scuola per giocare una partita a pallacanestro in un campetto periferico, rispetto a ciò che è invece diventata la loro terribile quotidianità, che in città si tenta ostinatamente di mantenere intatta… Il campo di basket – come il posto di lavoro, la scuola, il mercato – si raggiungono però sfidando la mira dei cecchini, abbassandosi sul tram sotto il fuoco degli spari, tentando di evitare, o dimenticare, la paura dei campi minati. Il secondo protagonista darà voce a chi sta “dall’altra parte”: è infatti un cecchino, che nella sua prigione dorata in cima a un palazzo, sceglie con cinica crudeltà le sue prede e ne immagina la vita. Ma presto diverrà a propria volta, e senza potersi opporre, una preda. Infine l’amore impossibile, disperato eppure struggente, immenso, di due giovani, tormentati dall’odio di razza e di religione, soffocati dall’arroganza di chi ha deciso dei loro destini, privandoli di ogni possibilità di futuro.
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