LA STAGIONE 2009-2010 DEL TEATRO STABILE REGIONALE SI INAUGURA CON LA NUOVA PRODUZIONE "EDIPO RE"
- 5 Ottobre 2009
- Generale
L’Edipo Re
di Sofocle, firmato da Antonio Calenda, interpretato da Franco
Branciaroli e prodotto dallo Stabile regionale assieme ad altre due
realtà di prestigio, quali il Teatro de gli Incamminati e il Teatro di
Messina, inaugura martedì 6 ottobre la Stagione 2009-2010 del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
Un’inaugurazione che Antonio Calenda declina nel segno del grande teatro classico, del teatro di pensiero che invita all’esercizio critico e alla riflessione, ma che è connotato anche da una possente forza comunicativa ed emozionale, da una profonda “necessità” dei temi trattati, dalla qualità assoluta di tutti gli artisti coinvolti a partire dal protagonista, che si propone qui in una prova d’attore di alto impegno.
La tragedia sofoclea – nell’interessante lettura registica di Calenda – risponde a tali linee: è uno dei testi fondamentali della cultura occidentale, i cui molteplici significati ed il cui mistero non cessano di riverberare con sempre nuovi echi nel nostro presente.
«In un mondo smarrito, minaccioso, delle cui ombre sentiamo l’incombere – commenta infatti Antonio Calenda – è stato emblematico rielaborare il percorso dal buio verso la chiarezza compiuto da Edipo: un percorso nella coscienza che allo stesso tempo è individuale, di intima analisi, collettivo… Ed è stato importante poterlo condividere assieme ad un artista consapevole come Franco Branciaroli, con il quale abbiamo affrontato recentemente l’indagine di un altro problematico personaggio, il Galileo di Brecht. In questo Edipo Re, abbiamo voluto tratteggiare il protagonista evocando echi di teoremi freudiani, un viaggio fra le ombre e l’ignoto della psiche: perciò nella nostra visione, in Edipo si condensano, quasi come in momenti di trance, più personaggi della tragedia – Edipo, Tiresia, Giocasta – a dimostrare che nella sua carne si convogliano tutte le radici della colpa. Le radici dell’incesto, del parricidio: canoni del senso di colpa che segnano la civiltà occidentale, su cui si è lavorato soprattutto nel Novecento, da Freud a Lacan, attraverso Guattari, Deleuze, per arrivare a René Girard un filosofo contemporaneo che ha donato forti induzioni alla nostra interpretazione»
Il progetto dello spettacolo infatti si basa su una rilettura dell’originale sofocleo (scritto probabilmente nel 430 a.C.) integrato dai sunti teorici di diversi studiosi e in particolare di Sigmund Freud e di René Girard.
Freud riteneva che Edipo Re prefigurasse la metodologia che consente l’esplorazione dell’inconscio: la psicoanalisi. È anche vero che attraverso Edipo, Sofocle stesso indaga l’uomo e la sua fallibile ricerca di logica, racconta la sua esplorazione talvolta folle, talvolta nobile, o catastrofica, in un mondo che è per lui solo parzialmente intelligibile.
Ecco allora che Antonio Calenda evoca nello spettacolo la messa in scena di una ricerca, che ripercorre all’indietro il tempo, per riafferrare il senso vero e profondo di un passato che è stato frainteso. Ecco che Edipo – rimandando a un immaginario mitteleuropeo che ci appartiene – ci appare freudianamente disteso sul celebre lettino, mentre attraverso indizi disseminati nel suo vissuto, ricostruisce e riscrive con parole di atroce verità il proprio percorso esistenziale, individuando finalmente le radici del proprio conflitto interiore.
Lo sfondo della pestilenza, su cui si apre lo spettacolo, è un sintomo disturbante, l’equivalente di una moderna nevrosi di cui vanno ricercate le cause: avvia il declino di una vita perfetta (in cui Edipo è re, padre, marito sereno) minata alla base da un nucleo problematico e irrisolto.
L’assunto di René Girard, presente in tutta la sua produzione saggistica e in particolare nel fondamentale La violenza e il sacro, ci illumina invece su certe dinamiche sociali e di gruppo. Gli individui tendono a un’equivalenza fra i desideri (il “desiderio mimetico”), secondo questo antropologo e filosofo contemporaneo: tendono tutti a desiderare il medesimo oggetto e questa “indifferenziazione” genera quasi sempre un sentimento di rabbia e scontro diffusi. Abbiamo diversi esempi di tali scontri nell’Edipo Re: fra Edipo e Creonte, riguardo alla visione del potere, fra Edipo e Tiresia, dove il campo del confronto è invece quello del sapere… Per uscire da tali dinamiche di rivalità e di crisi, la comunità si unisce contro una vittima sacrificale, un capro espiatorio che la purificherà e che una volta immolato sarà investito di sacralità. Edipo è un esempio emblematico di tale dinamica.
Il sacrificio, l’espulsione dalla comunità, avviene dopo un lungo e sofferto itinerario di conoscenza.
Un itinerario che nella messinscena si svolge quasi fra sonno e veglia del protagonista, con il Coro che funge da ponte fra queste due dimensioni, un coro tutto maschile che fa da eco e moderno, incisivo commento.
Anche il Primo messaggero dialoga col protagonista e porta notizie che si espandono fra il vissuto conscio e l’inconscio di Edipo. Al di là di costui, del coro e di Creonte – simbolo di un potere terreno che rimane estraneo alla sua ricerca profonda – Edipo non si relazionerà con altri personaggi dall’esterno.
Invece, li “vivrà” dentro di sé, quasi attraverso dei momenti di trance, a simboleggiare che nella sua carne convergono tutte le radici della colpa. Accadrà così per Tiresia e per il pesante diverbio che ha con Edipo, interpretato parallelamente in entrambi i ruoli da Branciaroli stesso, come a sostanziare sulla scena l’indifferenziazione girardiana.
Per il Secondo messaggero, che gli fa rivivere il trauma delle sue origini. E la stessa soluzione scenica sarà seguita per Giocasta: inizialmente forte, scettica davanti all’ansia generale sollevata dai vaticini, ma poi doppio viscerale della coscienza di Edipo e incapace – come lui – di tollerare la visione degli orrori inconsapevolmente compiuti.
Lei ed Edipo sono l’incarnazione del senso di colpa: Giocasta si punisce dandosi la morte. Edipo sceglie – e sceglie consapevolmente qui per la prima volta nella sua esistenza – la morte interiore, di ritornare, accecandosi, a quel buio che lo ha accompagnato per tutta la vita.
Franco Branciaroli sostiene in questo spettacolo un impegno espressivo e interpretativo notevolissimo, medianico: al suo fianco una compagnia rigorosa, composta da Giancarlo Cortesi (Corifeo), Emanuele Fortunati (Primo Messaggero), Gianfranco Quero (Secondo Corifeo), Alfonso Veneroso (Creonte) e Livio Bisignano, Tino Calabrò, Angelo Campolo, Oreste De Pasquale, Filippo De Toro, Luca Fiorino (Coreuti).
L’intero spettacolo fonda la propria essenza sul concetto del “vedere”: un leitmotiv concettuale che diventa momento di un paradosso nella conclusione della tragedia (l’accecamento di Edipo) ma che ritorna costantemente durante l’intera messinscena anche sul piano delle immagini.
La scena di Pier Paolo Bisleri cela e rivela personaggi dietro velati neri, una scatola, uno spazio quasi mentale in cui Edipo è rinchiuso, le luci di Gigi Saccomandi ribadiscono la dialettica fra luce e buio, chiarezza e mistero.
Completano il suggestivo allestimento i costumi di Stefano Nicolao e le musiche di Germano Mazzocchetti.
Molto rilevante l’apporto della traduzione di un autore contemporaneo quale Raul Montanari, che sviluppa la tragedia con precisione, senza retorica e con una forte aderenza a Sofocle.
Parallelamente alle recite di Edipo re, lo Stabile regionale grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste organizza un convegno intitolato “Il mito e la mente: letteratura e psicologia a confronto su Edipo re” e articolato in due tavole rotonde – a ingresso libero – che si terranno al Politeama Rossetti nei pomeriggi del 7 e del 9 ottobre.
Edipo re di Sofocle va in scena al Politeama Rossetti da martedì 6 a domenica 11 ottobre: repliche serali alle ore 20.30 e pomeridiane del mercoledì e della domenica alle ore 16.
Prenotazioni e acquisti di biglietti possono essere effettuate presso tutti i punti vendita del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e naturalmente presso la Biglietteria del Politeama Rossetti.
Ulteriori informazioni sono disponibili anche sul sito internet del Teatro www.ilrossetti.it e al numero telefonico 040-3593511.
L’ufficio stampa
Un’inaugurazione che Antonio Calenda declina nel segno del grande teatro classico, del teatro di pensiero che invita all’esercizio critico e alla riflessione, ma che è connotato anche da una possente forza comunicativa ed emozionale, da una profonda “necessità” dei temi trattati, dalla qualità assoluta di tutti gli artisti coinvolti a partire dal protagonista, che si propone qui in una prova d’attore di alto impegno.
La tragedia sofoclea – nell’interessante lettura registica di Calenda – risponde a tali linee: è uno dei testi fondamentali della cultura occidentale, i cui molteplici significati ed il cui mistero non cessano di riverberare con sempre nuovi echi nel nostro presente.
«In un mondo smarrito, minaccioso, delle cui ombre sentiamo l’incombere – commenta infatti Antonio Calenda – è stato emblematico rielaborare il percorso dal buio verso la chiarezza compiuto da Edipo: un percorso nella coscienza che allo stesso tempo è individuale, di intima analisi, collettivo… Ed è stato importante poterlo condividere assieme ad un artista consapevole come Franco Branciaroli, con il quale abbiamo affrontato recentemente l’indagine di un altro problematico personaggio, il Galileo di Brecht. In questo Edipo Re, abbiamo voluto tratteggiare il protagonista evocando echi di teoremi freudiani, un viaggio fra le ombre e l’ignoto della psiche: perciò nella nostra visione, in Edipo si condensano, quasi come in momenti di trance, più personaggi della tragedia – Edipo, Tiresia, Giocasta – a dimostrare che nella sua carne si convogliano tutte le radici della colpa. Le radici dell’incesto, del parricidio: canoni del senso di colpa che segnano la civiltà occidentale, su cui si è lavorato soprattutto nel Novecento, da Freud a Lacan, attraverso Guattari, Deleuze, per arrivare a René Girard un filosofo contemporaneo che ha donato forti induzioni alla nostra interpretazione»
Il progetto dello spettacolo infatti si basa su una rilettura dell’originale sofocleo (scritto probabilmente nel 430 a.C.) integrato dai sunti teorici di diversi studiosi e in particolare di Sigmund Freud e di René Girard.
Freud riteneva che Edipo Re prefigurasse la metodologia che consente l’esplorazione dell’inconscio: la psicoanalisi. È anche vero che attraverso Edipo, Sofocle stesso indaga l’uomo e la sua fallibile ricerca di logica, racconta la sua esplorazione talvolta folle, talvolta nobile, o catastrofica, in un mondo che è per lui solo parzialmente intelligibile.
Ecco allora che Antonio Calenda evoca nello spettacolo la messa in scena di una ricerca, che ripercorre all’indietro il tempo, per riafferrare il senso vero e profondo di un passato che è stato frainteso. Ecco che Edipo – rimandando a un immaginario mitteleuropeo che ci appartiene – ci appare freudianamente disteso sul celebre lettino, mentre attraverso indizi disseminati nel suo vissuto, ricostruisce e riscrive con parole di atroce verità il proprio percorso esistenziale, individuando finalmente le radici del proprio conflitto interiore.
Lo sfondo della pestilenza, su cui si apre lo spettacolo, è un sintomo disturbante, l’equivalente di una moderna nevrosi di cui vanno ricercate le cause: avvia il declino di una vita perfetta (in cui Edipo è re, padre, marito sereno) minata alla base da un nucleo problematico e irrisolto.
L’assunto di René Girard, presente in tutta la sua produzione saggistica e in particolare nel fondamentale La violenza e il sacro, ci illumina invece su certe dinamiche sociali e di gruppo. Gli individui tendono a un’equivalenza fra i desideri (il “desiderio mimetico”), secondo questo antropologo e filosofo contemporaneo: tendono tutti a desiderare il medesimo oggetto e questa “indifferenziazione” genera quasi sempre un sentimento di rabbia e scontro diffusi. Abbiamo diversi esempi di tali scontri nell’Edipo Re: fra Edipo e Creonte, riguardo alla visione del potere, fra Edipo e Tiresia, dove il campo del confronto è invece quello del sapere… Per uscire da tali dinamiche di rivalità e di crisi, la comunità si unisce contro una vittima sacrificale, un capro espiatorio che la purificherà e che una volta immolato sarà investito di sacralità. Edipo è un esempio emblematico di tale dinamica.
Il sacrificio, l’espulsione dalla comunità, avviene dopo un lungo e sofferto itinerario di conoscenza.
Un itinerario che nella messinscena si svolge quasi fra sonno e veglia del protagonista, con il Coro che funge da ponte fra queste due dimensioni, un coro tutto maschile che fa da eco e moderno, incisivo commento.
Anche il Primo messaggero dialoga col protagonista e porta notizie che si espandono fra il vissuto conscio e l’inconscio di Edipo. Al di là di costui, del coro e di Creonte – simbolo di un potere terreno che rimane estraneo alla sua ricerca profonda – Edipo non si relazionerà con altri personaggi dall’esterno.
Invece, li “vivrà” dentro di sé, quasi attraverso dei momenti di trance, a simboleggiare che nella sua carne convergono tutte le radici della colpa. Accadrà così per Tiresia e per il pesante diverbio che ha con Edipo, interpretato parallelamente in entrambi i ruoli da Branciaroli stesso, come a sostanziare sulla scena l’indifferenziazione girardiana.
Per il Secondo messaggero, che gli fa rivivere il trauma delle sue origini. E la stessa soluzione scenica sarà seguita per Giocasta: inizialmente forte, scettica davanti all’ansia generale sollevata dai vaticini, ma poi doppio viscerale della coscienza di Edipo e incapace – come lui – di tollerare la visione degli orrori inconsapevolmente compiuti.
Lei ed Edipo sono l’incarnazione del senso di colpa: Giocasta si punisce dandosi la morte. Edipo sceglie – e sceglie consapevolmente qui per la prima volta nella sua esistenza – la morte interiore, di ritornare, accecandosi, a quel buio che lo ha accompagnato per tutta la vita.
Franco Branciaroli sostiene in questo spettacolo un impegno espressivo e interpretativo notevolissimo, medianico: al suo fianco una compagnia rigorosa, composta da Giancarlo Cortesi (Corifeo), Emanuele Fortunati (Primo Messaggero), Gianfranco Quero (Secondo Corifeo), Alfonso Veneroso (Creonte) e Livio Bisignano, Tino Calabrò, Angelo Campolo, Oreste De Pasquale, Filippo De Toro, Luca Fiorino (Coreuti).
L’intero spettacolo fonda la propria essenza sul concetto del “vedere”: un leitmotiv concettuale che diventa momento di un paradosso nella conclusione della tragedia (l’accecamento di Edipo) ma che ritorna costantemente durante l’intera messinscena anche sul piano delle immagini.
La scena di Pier Paolo Bisleri cela e rivela personaggi dietro velati neri, una scatola, uno spazio quasi mentale in cui Edipo è rinchiuso, le luci di Gigi Saccomandi ribadiscono la dialettica fra luce e buio, chiarezza e mistero.
Completano il suggestivo allestimento i costumi di Stefano Nicolao e le musiche di Germano Mazzocchetti.
Molto rilevante l’apporto della traduzione di un autore contemporaneo quale Raul Montanari, che sviluppa la tragedia con precisione, senza retorica e con una forte aderenza a Sofocle.
Parallelamente alle recite di Edipo re, lo Stabile regionale grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste organizza un convegno intitolato “Il mito e la mente: letteratura e psicologia a confronto su Edipo re” e articolato in due tavole rotonde – a ingresso libero – che si terranno al Politeama Rossetti nei pomeriggi del 7 e del 9 ottobre.
Edipo re di Sofocle va in scena al Politeama Rossetti da martedì 6 a domenica 11 ottobre: repliche serali alle ore 20.30 e pomeridiane del mercoledì e della domenica alle ore 16.
Prenotazioni e acquisti di biglietti possono essere effettuate presso tutti i punti vendita del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e naturalmente presso la Biglietteria del Politeama Rossetti.
Ulteriori informazioni sono disponibili anche sul sito internet del Teatro www.ilrossetti.it e al numero telefonico 040-3593511.
L’ufficio stampa