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Crediti
di e con Mauro Covacich
a cura di Franco Però
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Come un docente molto speciale, lo scrittore Mauro Covacich tiene una lezione raffinata su Italo Svevo. È il momento iniziale di una trilogia con cui lo Stabile ha posto in luce i preziosi giacimenti culturali di Trieste, e ora nel centenario della “Coscienza di Zeno” rappresenta un’occasione rara per capire l’autore e il suo capolavoro.
Tardivamente riconosciuto e clamorosamente antesignano, Svevo richiede molto al lettore. Non basta concentrarsi sulle sue pagine, bisogna partire da lontano, conoscere la Trieste dalle molte anime in cui Svevo è radicato. È necessario analizzare “La coscienza di Zeno” nel sistema della coeva letteratura euro- pea e superarne le letture di cliché. Covacich offre le chiavi per addentrarsi in questo universo. Triestino, conosce bene la fertile complessità che Aaron Hector Schmitz ha incastonato, come in un rebus, nel suo nom de plume: Italo Svevo. «Passava a prenderci col suo autobus. Era riuscito a farsi dare il turno del mattino. Salivamo e lui era lì, bello nella sua divisa, che guidava. Mia sorella alle elementari, io alle medie. Scuola Italo Svevo. In via Italo Svevo. Cosa sapeva mio padre di Italo Svevo? Poco, credo. Non ho fatto in tempo a chiederglielo. Ma anche di me non sa niente. Non sa cosa sono diventato. E neanch’io so cos’è diventato lui. Eppure mi capita spesso di vederlo, che mi controlla col suo sguardo beffardo, se le sparo troppo grosse, se sono troppo complicato. Ci parliamo, anche. Ora ad esempio potrebbe dire: Vara che no xe una seduta spiritica, xe una lezion. Okay, papà».
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