Argo
  • Crediti

    liberamente ispirato al romanzo “Storia di Argo” di Mariagrazia Ciani
    testo originale di Letizia Russo

    regia di Serena Sinigaglia

    con Ariella Reggio, Maria Ariis, Lucia Limonta

    scene Andrea Belli

    costumi Valeria Bettella

    luci e suono Roberta Faiolo

    assistente alla regia Michele Luculano

    produzione Teatro Stabile Del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Bolzano

In “Storia di Argo” Mariagrazia Ciani racconta della sua fuga dall’Istria dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Tocca dunque un argomento di storia delicatissimo. Lo strappo, l’abbandono forzato, qui sono descritti attraverso la separazione della bambina dal suo cane York. York come Argo, il cane di Ulisse. La Ciani non ha un piglio storico o romanzesco, il suo è un procedere per paesaggi interiori, per allusioni e metafore, senza mai cadere nella polemica sterile o nella documentazione saggistica. Ha il respiro della poesia, “Storia di Argo”.

«Ho capito che non avrei potuto mettere in scena un libro così intimo e tanto meno limitarmi ad adattarlo» spiega la regista Serena Sinigaglia. «Avevo bisogno di un'autrice che, ispirandosi al tratto lieve e rarefatto del libro, scrivesse un testo originale rispecchiando lo sguardo di chi, come me, ha conosciuto da lontano quella storia. Volevo che il testo fosse ambientato nell'oggi e che presentasse un confronto tra tre generazioni di donne: una ragazza giovane (figlia, che non sa nulla), una donna di mezz’età (madre, che cerca di capirci qualcosa per capire la propria madre) e una signora anziana (nonna, che ha vissuto l'esodo). Letizia Russo ha accettato la consegna e la sfida e si è immersa nella scrittura. Ed è così che è arrivato “Argo"».

"Argo" di Letizia Russo, liberamente ispirato al libro di Mariagrazia Ciani, racconta di Vera, 85 anni, Beatrice, sua figlia, 55 anni e Clara figlia trentenne di Beatrice, che saranno interpretate da Ariella Reggio, Maria Ariis e Lucia Limonta. Vera ha l'alzheimer e la figlia decide di portarla un'ultima volta a Pola da dove è scappata quand’era solo una bambina: uno "strappo" di cui non ha mai più parlato.

«Il testo - conclude la regista - in maniera delicata, prova ad affrontare un tema importantissimo e direi quasi scabroso, quello del "peso delle memoria”. Certi vissuti, certi nodi, certi ricordi possono diventare un fardello insopportabile se non si è disposti a lasciarli andare. Solo lasciandoli andare, si può andare "oltre", oltre i rancori, oltre il male, tutto il male, verso un nuovo futuro».

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