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Crediti
dal film di Thomas Vinterberg, Mogens Rukov & BO Hr. Hansen
adattamento per il teatro di David Eldridge
prima produzione Marla Rubin Productions Ltd, a Londra
per gentile concessione di Nordiska ApS, Copenhagenregia di Marco Lorenzi
assistente alla regia Noemi Grasso
dramaturg Anne Hirthvisual concept e video Eleonora Diana
costumi di Alessio Rosati
sound designer Giorgio Tedesco
consulente musicale e vocal coach Bruno De Franceschiluci Link-Boy (Eleonora Diana & Giorgio Tedesco)
foto di scena di Giuseppe Di Stefanoproduzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatro Stabile Del Friuli Venezia Giulia, Solares Fondazione Delle Arti
in collaborazione con Il Mulino di Amleto
“Dir la verità è un atto d’amore
Fatto per la nostra rabbia che muore”
Afterhours, Il paese è reale.
“Sarà uno shock”
Christian, al telefono, all’inizio del film Festen
Festen è un abisso.
Anzi, mi torna in mente una battuta incredibile del Woyzeck di G. Büchner «Ogni uomo è un abisso, a ciascuno gira la testa se ci guarda dentro». Ecco, Festen mi fa questo effetto.
Quando ho iniziato a lavorare alla trasposizione teatrale del film cult di Thomas Vinterberg, ero affascinato dalla potenza delle dinamiche familiari e dall’impertinenza linguistica e formale con cui Vinterberg, Lars Von Trier e il Dogma 95 avevano rivoluzionato il cinema che li circondava. Ancora non sapevo l’abisso che mi aspettava...
Festen ci chiama in causa, ci sposta dall’indifferenza in cui pericolosamente rischiamo di scivolare ogni giorno di più, soprattutto in un tempo costellato da paure e incertezze come il nostro, un tempo di divertissement e entertainment mentre intorno a noi tutto si sgretola, un tempo in cui è facile voltare lo sguardo per continuare a dirci che “Dopo questo piccolo – come potremmo definirlo – intermezzo, possiamo riprendere i nostri posti per proseguire la festa”.
Festen apparentemente sembra raccontare una festa di famiglia per celebrare i 60 anni del patriarca, ma in verità ha a che vedere con il nostro rapporto con la verità, con il potere e con l’ordine costituito. Sono sempre più sicuro che il nostro Festen sia una comunità di esseri umani che recitano una commedia mentre uno di loro combatte come un pazzo per mostrare che in realtà sono tutti in una tragedia. Per questo Festen è radicalmente politico.
Sento che in questa tensione tra due forze, così opposte e profonde, ci sia la forza del nostro spettacolo. La forza che ci porterà a mostrare quanto sia necessario strappare quel velo, quel diaframma che ci impedisce di vedere realmente le cose come stanno. Mi sembra molto toccante attraverso Festen poter chiedere al pubblico: “Perché non abbiamo la forza di vedere le cose come stanno? Perché accettiamo tutta questa finzione? Quanto coraggio richiede la verità?”. Certo, sono domande grandissime e non saremo noi a dare le risposte. Ma penso che l’onestà e il gioco profondo del nostro spettacolo stiano nel condividerle con gli spettatori, con tutte le paure, le fragilità, la tenerezza e l’ironia che le accompagnano.
Ma Festen ci ha fornito anche un incredibile materiale di ricerca e di sperimentazione del linguaggio. Ci siamo spinti verso un radicale uso drammaturgico della cinepresa per sfruttare la possibilità di costruire costantemente un doppio piano di realtà che riconsegnasse allo sguardo degli spettatori la condizione di scegliere tra quello che viene costruito sul palcoscenico e la “manipolazione” che l’occhio della cinepresa rielabora in diretta e che viene proiettato. Con un gigantesco piano-sequenza che lungo tutto lo spettacolo verrà girato dagli stessi attori e proiettato davanti allo sguardo della platea, cerchiamo di amplificare, ironizzare, dissacrare e approfondire il senso delle domande di Festen. Quale è la verità? Cosa scegliamo di guardare? A cosa scegliamo di credere? Tutto questo fino a quando il sottile velo che divide la verità dalla sua immagine non cadrà, non scomparirà una volta per tutte, lasciando spazio al silenzio, al vuoto, alla meraviglia della presenza degli attori che hanno reso possibile questa “follia”; alla meraviglia dei loro corpi, alle loro vibrazioni più sottili e alle loro emozioni, alla realtà insostituibile della loro sincerità...